È essenziale il discorso sul coraggio quando si parla di realizzazione personale, di sogni e di passioni. Poiché i sogni e le passioni appartengono alla sfera dell’ignoto, del rischio e delle paure, il coraggio è uno degli ingredienti che in assoluto dobbiamo coltivare in questo percorso.
Nel suo libro, The Road Less Travelled, Scott Peck definisce il coraggio come “l’azione dinanzi alla paura”. Così, il coraggio non significa non avere paura, la quale è un’emozione naturale e umana, che si attiva in situazioni nuove o conosciute (che ripetono un modello già esperimentato in maniera negativa), verso le quali abbiamo determinate aspettative, reali o costruite. Da un certo punto di vista, la paura è una reazione adattativa che mira a proteggerci. Il problema nasce, quando la paura diventa la reazione normale a tutto ciò che è nuovo, già esperimentato in maniera nefasta o che contraddice la propria visione del mondo.
Invece, e secondo la definizione di Scott Peck, il coraggio significa agire quando si sente paura. Ciò non significa essere inconsapevoli; anzi, le persone coraggiose sono in generale consapevoli dei rischi e della possibilità di sbagliare o di fallire. Però, per loro, i rischi diventano minimi se paragonati al rischio di non agire, restando fermi in una situazione sfavorevole o stagnante. Comunque sia, l’azione porta sempre con sé qualcosa, magari diversa dal previsto, ma genera un movimento che attiva l’energiainteriore individuale, degli altri e della vita.
Guardando l’etimologia e il significato linguistico della parola “coraggio” ampliamo la comprensione del suo significato e della sua pratica. Etimologicamente coraggio viene dal latino coraticum, che deriva dalla parola cor, che significa cuore. Coraggio significa dunque ‘avere un cuore’ che “sopporta con serenità e rassegnazione dolori fisici o morali, affronta con decisione un pericolo, dice o fa cosa che importi rischio o sacrificio” (dizionario online Treccani). Nella definizione colpisce il modo in cui sono affrontati i rischi e i dolori, cioè, con serenità e rassegnazione. In realtà non è sempre così, spesso le azioni coraggiose creano ansietà, il che non esclude il coraggio. Invece, le azioni coraggiose sono la via per sviluppare saggezza e serenità nell’affrontare la vita, portando all’accettazione (termine preferibile a rassegnazione) delle cose ‘brutte’ che non si possono cambiare.
Ma cos’è il coraggio senza la speranza? La speranza, intesa come “aspettativa o fiducia di un cambiamento futuro in bene” (http://www.etimo.it/?term=speranza), si radica in fatti reali e nella conoscenza della Storia (Rebecca Solnit) e della vita. È uno degli elementi che motiva le persone ad essere coraggiose, nutrendosi della fiducia in sé, negli altri e nella vita, e della consapevolezza che è possibile avere un ruolo attivo nella propria vita e nel mondo, contribuendo ai cambiamenti necessari per far avanzare la comunità umana.
Ma è la speranza radicale (Jonathan Lear) che spesso guida i sognatori coraggiosi, specie quelli e quelle che sognano di cambiamenti e mondi ancora inesistenti e impossibili da intravedere dall’interno dalla bolla culturale in cui cresciamo e viviamo. La capacità di immaginare il mondo delle possibilità al di là delle frontiere della bolla e, quindi, di sperare nella realizzazione di tali irrealtà agendo di conseguenza richiede un enorme coraggio (di andare controcorrente e costruire una cultura di opposizione).
Il coraggio è, così, un’azione guidata dalla speranza che nasce dalla consapevolezza di sé e dalla capacità di riconoscere, comprendere e accettare le proprie paure, e nel dialogo interiore e conseguente rifiuto dei presupposti che le sostengono. Vediamo in dettaglio ciascuno di questi elementi.
Il processo di riconoscimento comincia dalla conoscenza che le paure (tranne quelle istintive) hanno un carattere socio-culturale, sono quindi elementi interiorizzati tramite l’educazione e la socializzazione, mentre altre si sviluppano tramite l’esperienza personale e sono poi generalizzate. In questo processo di ri-conoscimento è possibile attingere alla comprensione delle paure che ci condizionano, cioè, di come si sono sviluppate e di quali i bisogni che vanno a toccare. Per esempio, la paura di non riuscire, di fallire nella realizzazione di un sogno (specialmente se esso va contro le aspettative sociali e familiari) è spesso associata al bisogno di accettazione, appartenenza, amore e riconoscimento, dunque [fallire = esclusione + isolamento + ridicolo + disamore].
Invece, l’accettazione è un movimento di accoglienza e di amore di sé. Accogliere le paure come parte integrante della vita è possibile soltanto se c’è amore, cura di sé e spazio per l’imperfezione. Accettazione non vuol dire lasciarsi condizionare dalle paure, significa bensì imparare a conviverci e a dialogare, facendo uno sforzo -coraggio- per intraprendere i passi e le decisioni necessarie. Così, accettare la paura di non riuscire/fallire* significa, ad esempio, dirci che questa è naturale, considerata la nostra storia personale, non costituendo però tutto il nostro essere, e ricordandoci della possibilità di riuscita viste le nostre risorse complessive.
Un altro tipo di dialogo interiore ci permette di capire l’origine di una paura e quali sono i suoi presupposti di base, creando la possibilità di analizzarli e di fare una ‘verifica di realtà’. Di fatto, spesso le paure nascono da idee errate che, una volta sminuzzate, non hanno più la stessa forza. Seguendo lo stesso esempio, la paura di non riuscire, di fallire è comunemente associata a non essere capaci di fare, o ad aver fatto, una scelta errata. La verifica di realtà ci dice invece che: non riuscire in una cosa nonsignifica fallire sempre e in ogni cosa (generalizzazione); ci sono condizionanti esterni che non sono controllabili (l’illusione del controllo e quindi dell’eccessiva presa di responsabilità), errare è l’unica forma d’imparare e quindi funziona nel lungo termine e come strumento di crescita.
Nel percorso di crescita e di realizzazione dei sogni è fondamentale imparare a viverein funzione di ciò in cui crediamo e che ci rende felici, liberandoci di idee interiorizzate limitanti e gestendo le reazioni altrui (che magari impongono le medesime idee senza accorgersene), ispirandoli a cambiare. Questo percorso è, in fondo, il cammino verso l’autenticità e l’integrità dell’essere, e il coraggio è il valore e la pratica che ci spinge in quella direzione.